Giornata dei diritti della Donna: alcuni segnali per riconoscere atteggiamenti sessisti e superare stereotipi di genere
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La Giornata internazionale della donna (o Giornata internazionale dei diritti delle donne). E’ una ricorrenza internazionale che si celebra l’8 marzo di ogni anno e sottolinea la lotta per i diritti delle donne. La Giornata porta l’attenzione su questioni come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi e la violenza di ogni tipo e gli abusi contro le donne.
Viene associata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita il 17 dicembre 1999 e che cade ogni anno il 25 novembre.
Viene celebrata negli Stati Uniti d’America a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922. Anche se è più corretto la Giornata internazionale della donna poiché la motivazione non è la festa, ma la riflessione sui diritti e sull’uso anche improprio di alcuni atteggiamenti che sempre più frequentemente si riferiscono al divario di genere e talvolta a violenza verbale che ferisce: parliamo ad esempio di mansplaining, slut shaming e catcalling.
Nello specifico nello slang anglosassone sono delle parole dispregiative, che in contesto di civiltà non trovano peso. Molto spesso associamo queste parole ad un senso di impotenza, quando non si riesce ad esprimere le proprie idee o frustrazioni. Si tende a screditare e dare poco peso alle parole che si dicono, ma allo stesso tempo molto dispregiative e taglienti. Si mette in primo piano una violenza verbale, che può ferire molto più a livello psicologico.
La violenza verbale in alcuni ambienti anche lavorativi sono molto più umilianti, e si tende a cadere in depressione o ansie.
Quali sono questi atteggiamenti sessisti? E come riconoscerli?
Mansplaining
E’ atteggiamento paternalistico con il quale certi uomini pretendono di rappresentare e spiegare alle donne il loro stesso punto di vista. E ciò che è lecito o non è lecito che le donne facciano.
La parola Mansplaining deriva dal gerundio del verbo explain (spiegare). E’ stata coniata nel 2008 nel corso di una discussione online originata dalla pubblicazione sul Los Angeles Times di un articolo della scrittrice e giornalista Rebecca Solnit intitolato Men who explain things, cioè “Uomini che spiegano cose”. Il mansplainer di professione si sente superiore per natura, e il suo unico scopo nella vita è spiegare qualcosa di ovvio a una collega donna, cercando di insegnarle la professione, screditando le sue parole e soprattutto le sue competenze. Ma perché? Cosa c’è alla base di questo fenomeno? Paternalismo, accondiscendenza, sottovalutazione e arroganza che spronano il maschio a far valere la propria opinione come massimo esperto dell’argomento, mettendo in dubbio la parola altrui e ignorando le competenze solo perché questo “altrui” è una donna.
Non capita solo in ambito lavorativo, il mansplaining avviene anche all’interno della famiglia, nella coppia o tra amici.
Slut shaming
E’ un neologismo nato in ambito filosofico femminista per definire l’atto di giudicare e far sentire una donna colpevole o inferiore per determinati comportamenti o desideri sessuali che si discostano dalle aspettative di genere tradizionali o ortodosse. Sostanzialmente è l’atto di giudicare una donna dal punto di vista sessuale dandole della “poco di buono” a causa delle sue abitudini è il perfetto esempio di “slut-shaming”.
Questo modo di fare viene messo in atto quando una donna rompe alcuni tabù, non ha paura di vivere appieno la propria vita sessuale e ne parla liberamente. Definita una delle forme più infime di incitamento all’odio, lo slut-shaming è normalizzato nella società misogina e ipersessualizzata di oggi.
I comportamenti presi di mira sono tutti quelli che, di solito, non coincidono con quelli dettati dalle convenzioni sociali o religiose.
L’apparenza inoltre può essere movente di giudizio — dai vestiti che si indossano, a come si indossano, al cambiare partner frequentemente o averne più di uno e via dicendo.
Catcalling
La “sottile” differenza tra apprezzamento e molestia: si fa riferimento all’insieme di comportamenti sessisti che alcuni uomini mettono in atto nei confronti di donne che non conoscono e che incontrano per la strada, al parco o in qualsiasi luogo della vita quotidiana.
Fischiare, molestia sessuale, prevalentemente verbale, che avviene in strada.
Per alcuni è “l’ultima frontiera delle violenze di genere“. Per l’Accademia della Crusca si configura, come una ‘molestia sessuale’ attraverso fischi, strombazzate dall’auto, apprezzamenti di cattivo gusto rivolti alle donne. Indirizzati al corpo della vittima o al suo atteggiamento, domande invadenti, perfino insulti veri e propri. Sono parole che danno il senso dispregiativo e di significato molto forte per esprimere il proprio disappunto.
Argomenti molto delicati, che vanno affrontati sia nella vita privata che in ambiti professionali perchè sempre più spesso vengono sminuiti o addirittura sottaciuti.
#giornatadeidirittidelledonne