Grandi opere italiane in Turchia
Share
Autostrade, metropolitane, ponti. La Astaldi è in Turchia dal 1985, con appalti di prestigio: un tratto dell’autostrada da Istanbul ad Ankara, uno dei rami della metropolitana sulla sponda asiatica già portati a termine; l’autostrada da Istanbul a Izmir sull’Egeo e il terzo ponte sul Bosforo – ferroviario e viario, parte del progetto “Nord Marmara Highway” – in via di rapido completamento. Appalti pesanti e prestigiosi: al centro del processo di sostanzioso adeguamento infrastrutturale dell’ultimo decennio.
Durante la campagna elettorale per le amministrative del 30 marzo, il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan e il sindaco di Istanbul Kadir Topbaş hanno inaugurato un nuovo collegamento ferrato: la metropolitana che congiunge la penisola occupata dall’antica Costantinopoli al centro più recente e pulsante di Beyoğlu, da Yenikapı in riva al mare di Marmara a piazza Taksim; e la Astaldi è stata la grande protagonista del progetto: perché, in joint venture con la turca Gülermak, ha realizzato il ponte sul Corno d’oro (Haliç, in turco) che ne consente il passaggio sul braccio di mare, all’altezza di Unkapanı e Azapkapı. Una sfida ingegneristica molto complessa – a causa della natura del suolo e della propensità spiccata per i terremoti – affrontata in modo impeccabile.
L’idea risale addirittura al 1937: un elemento essenziale del piano urbanistico del francese Henri Prost, che ha imposto al tessuto delicatissimo della città già romana – con furore modernista – sventramenti e strade ad alto scorrimento. Il lavori sono stati però avviati solo negli anni ’90, il progetto è stato preparato e approvato nel 2005: un ponte in acciaio strallato di 387 metri su due piloni e cavi di ancoraggio a vista, un ponte girevole di 120 metri che completa la campata. Un appalto da 146 milioni di euro.
L’Unesco ha però dato battaglia, dal 2006 al 2012 sono state inviate quattro missioni per negoziare cambiamenti alle caratteristiche del ponte: la struttura copre infatti la visuale – da alcuni punti della città – sulla penisola storica e sulla moschea di Solimano, eretta nel Cinquecento su una delle sette colline di Costantinopoli; con la minaccia di riconsiderare lo status di “patrimonio dell’umanità” di Istanbul (è inserita nella prestigiosa lista dal 1985), le autorità politiche e l’architetto Hakan Kıran sono stati convinti ad abbassare l’altezza dei piloni dal disegno comunque elegante – dagli 82,5 metri del primo progetto ai definitivi 55 – e a trasformare il colore da un troppo vistoso oro a un quasi mimetizzante grigio.
La valutazione di “impatto visivo” del 2011, preparata da altri esperti indipendenti, ha comunque riconosciuto la fondatezza tecnica della scelta: senza i cavi di ancoraggio ci sarebbe stato bisogno di un numero maggiori di piloni che avrebbero intralciato il ricambio eco-sostenibile delle acque, oppure di una struttura portante più densa che avrebbe avuto un impatto visivo ancora peggiore. E pur coi suoi aspetti negativi, il ponte sul Corno d’oro è istantaneamente diventato un’attrazione: perché oltre alla fermata della metro – sì, direttamente sul ponte! – include due camminamenti autonomi per l’attraversamento pedonale da una sponda all’altra, oltre a due piazzole di transito per cambiare binario. La vista è magnifica, le opportunità fotografiche infinite: e i turisti incuriositi lo hanno già preso d’assalto.
Anche sulla riva ad Azapkapı, del resto: perché i lavori per il viadotto di approccio hanno svelato abitazioni romane con pavimento in mosaico, monili e oggetti d’uso quotidiano, i resti della cinta muraria – poche decine di metri – della colonia genovese di Galata. Tutto preservato in situ o portato nel museo d’archeologia: un intralcio per i lavori, un’occasione per riscoprire le origini in parte romane e italiane dell’attuale Istanbul.